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Sociologia- analisi sul sentimento dell’invidia

Pubblicato il 12 febbraio 2013, da in News.

 

 

La conoscenza obiettiva ci fornisce strumenti potenti per la conquista di certe mete, ma il fine ultimo e il desiderio di raggiungerlo devono nascere da una fonte razionale e retta nel contesto sociale o meglio nel rapporto cosi detto civile tra le varie componenti umane.

Per cui, Il migliore fra gli uomini è colui che arrossisce, o si sottrae  quando lo lodi e rimane in silenzio quando lo diffami.

L’ uomo non è niente altro che quello che progetta di essere; egli non esiste che nella misura in cui si realizza; non è, dunque, niente altro che l’insieme dei suoi atti, niente altro che l’opera del suo vissuto.

Ovviamente questo è valido per colui che segue un sistema retto, razionale e non si lasci o sia permeato da deviazioni quali il sentimento dell’INVIDIA o peggio della SUPERBIA.

Sociologicamente l’invidia è considerata un aspetto negativo, un vizio, che consciamente o inconsciamente mina la personalità, dimostrando l’immaturità dell’individuo, che poi per il peggio non prescinde la superbia e la menzogna.

L’invidia può avere radici molto profonde nella personalità di un soggetto. Può essere causata da una mancanza di affetto, o da un’eccessiva competitività, da dei desideri che sono frustrati. Essendo le cause così rilevanti, spesso è difficile per un soggetto riuscire a risolvere il proprio problema.

Alla base dell’invidia c’è, generalmente, la disistima e l’incapacità di vedere le cose e gli altri prescindendo da sé stessi: in questo senso, si può affermare che l’invidioso è generalmente frustrato, ossessivo, manipolatore, con pochi scrupoli e certamente ipocrita.

L’invidioso assume spesso atteggiamenti e comportamenti ben precisi e  riconoscibili. Tra i più tipici comportamenti dell’invidioso c’è il disprezzo dell’oggetto invidiato, una celebre e proverbiale rappresentazione di questo atteggiamento è la favola di Esopo La volpe e l’uva.

 

 

L’invidioso può rivolgere la propria invidia non solo verso oggetti materiali, ma anche verso presunte doti possedute dall’invidiato,  per esempio, una particolare avvenenza, intelligenza o capacità, uno spiccato fascino, un ruolo sociale o istituzionale; in tali casi, l’invidioso reagisce tentando di disprezzare o di sminuire l’invidiato o quanto dall’invidiato rappresentato, perché ai suoi occhi questo è colpevole di evidenziare ciò che l’invidioso non ha. In un certo senso, è come se si sentisse sminuito dall’esistenza dell’invidiato e in qualche modo, danneggiato da questo.

Il sentimento dell’invidia è sempre stato condannato dalla società, tanto che essa è considerata, dal punto di vista morale, un vizio. L’invidioso infatti ha il vizio di svalutare le persone che percepisce come migliori di sé e spesso non si limita al pensiero o alle fantasticherie di tipo aggressivo e distruttivo, ma cerca di danneggiare oggettivamente l’invidiato, ostacolandolo in ogni suo progetto o iniziativa.

Egli infatti è colpevole, agli occhi dell’invidioso, per essere apprezzato e stimato dalla società più del dovuto, e comunque più di quello che l’invidioso desidererebbe, anche in confronto a sé stesso.

La consapevolezza che il soggetto odiato a causa dell’invidia non nutra alcun sentimento negativo nei confronti dell’invidioso non migliora in quest’ultimo il rancore e l’ostilità provata. Quasi nessuno ammette di essere invidioso.

Pochissime persone ne parlano apertamente, perché svelare questo sentimento è come rivelare al mondo la parte più meschina e vulnerabile di sé stessi, cosa che non fa piacere a nessuno.

Esistono poi due tipi di invidia : quella buona e quella cattiva. L’invidia buona rappresenta comunque un sentimento doloroso, lacerante, che si prova nel vedere qualcun altro riuscire dove e come noi vorremmo per noi stessi, ma in questo caso non si provano sentimenti negativi di odio e rancore per l’invidiato, non si cerca di ostacolarlo, o di togliergli ciò che possiede o ha ricevuto in premio.

 

 

 

L’invidia comunque corrisponde all’emulazione; un desiderio profondo di arrivare allo stesso livello dell’altro, abbandonandosi se necessario allo scoramento o alla maldicenza e alla denigrazione dell’altro  che considera più fortunato.

L’invidia positiva è dunque uno stimolo, una motivazione verso l’auto-miglioramento: colmando le proprie lacune spesso con la ricerca di medaglie e patacche varie da ostentare a un pubblico che ne ignora la valenza, ma gli consente di sentirsi personalità, degno del ruolo che ricopre l’invidiato,

Per cui l’invidioso, cosi pensa di valorizzare i propri punti di forza, anche se incoscientemente, non sapendo che trae in inganno solo se stesso, o chi gli sta intorno in quanto succube per varie ragioni d’interesse. Quindi l’invidioso si adopera per cercare di somigliare sempre di più al modello vincente rappresentato dall’altro, che lui sente come antagonista, giungendo allo scadimento in un comportamento anale, pari all”imbecillità più assurda.

Ricordate comunque che l’invidioso non muore mai una volta sola, ma tante volte quanto l’invidiato vive salutato dal plauso della gente.

di-G. M. S.

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