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Balaustra del Gran Maestro in occasione della festività del solstizio d’inverno – 21 dicembre 2008

Rispettabilissimi Fratelli, saluto tutti voi con grande affetto, un particolare abbraccio a tutti gli apprendisti presenti, a tutti i compagni d’arte che presenziano a questa celebrazione a tutti i maestri ed a tutti i dignitari della Gran Loggia d’Italia .

Oggi ci troviamo qui riuniti in questa giornata molto importante per noi Massoni, mentre siamo qui a festeggiare il solstizio d’inverno. Ci avviamo al nono anno del Terzo Millennio e molte speranze alimentate alla fine del secolo scorso sono sfiorite, altre ancora sopravvivono, ma appaiono come tenui fiammelle che corrono il rischio di spegnersi, vinte da tempeste impetuose che nulla risparmiano.

I positivi cambiamenti che l’Umanità si attendeva con la nuova Era non si sono verificati, i principi che continuano a reggere gli uomini di buona volontà devono essere difesi da eventi che tutto vorrebbero travolgere nel segno di strumentali integralismi.

Fin troppo inflazionata, la parola “pace” perde ogni giorno significato e forza: mistificazioni e ambiguità sovrastano i residui tentativi per portare serenità nei luoghi delle guerre note e nei luoghi delle guerre dimenticate.

Gli assetti socio – politico – economici sono in una evoluzione talmente veloce che non è possibile vedere con chiarezza il mutamento in corso. Mentre si cerca con enormi sacrifici di portare la democrazia fra genti che hanno vissuto sotto terribili tirannie, pochi si accorgono dell’attacco che quotidianamente viene sferrato alla civiltà: ogni giorno si perde qualcosa d’importante, ma nessuno lancia allarmi.

C’è chi cerca di mantenere un potere che non ha più ragione d’essere: i parametri di valutazione sono saltati, e pur tuttavia gli egoismi ed il pressapochismo permangono radicati, anche se il terreno dove allignano visibilmente si sgretola sempre maggiormente.

Apparentemente non c’è voglia di cambiare pagina, tutti sopraffatti dalle necessità del contingente, dalle necessità di una sopravvivenza esistenziale che, in queste condizioni, non può comunque

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